Matite spezzate, sangue versato, orrore suscitato, paura generata, indignazione creata.Ma il desiderio di libertà supera ogni violenza e la reazione dei francesi dice l'unanimità della condanna.
di Walter Magnoni

Il 2015 è appena iniziato e già ci arrivano immagini agghiaccianti di morti assurde, almeno ai nostri occhi.
L’attacco al settimanale satirico francese Charlie Hebdo e le almeno dodici persone uccise lasciano tutti senza fiato. Alcuni uomini incappucciati, forse tre, sparano e poi se ne vanno. Perché tutto questo?
Questo settimanale, in passato è stato tante volte al centro di polemiche per la sua satira graffiante, però una risposta così violenta lascia basiti.
Ancora una volta comprendiamo come le parole sono sempre taglienti e possono dare fastidio. Però, se pensiamo che immagini e frasi siano offensive o fuori luogo, abbiamo molti strumenti che il diritto ci offre per opporci a quello che riteniamo essere ingiusto e offensivo.
Da sempre la satira innervosisce qualcuno. Talora è un modo intelligente per denunciare fatti e persone o per mettere in ridicolo situazioni non corrette. Altre volte la satira è stata strumento prepotente e distruttivo delle persone.
In ogni caso nulla giustifica mai l’uso della violenza.
Questi fatti non hanno nulla a che fare con la religione, malgrado pare che gli attentatori si siano rifatti ad Allah. Ma il fanatismo è altra cosa e le parole di Dalil Boubakeur, presidente del Consiglio francese per il culto musulmano, sono eloquenti: «A nome dei musulmani di Francia, nella loro quasi unanimità, sono qui per condannare l’orrore di questo crimine indicibile».
Le immagini sono atroci e aprono interrogativi: come possono gli uomini lasciarsi impadronire così tanto da voglie omicide? Cosa muove il cuore degli assassini? Perché l’ideologia resta una tentazione dell’uomo di sempre?
I cristiani sanno bene che alcune parole possono suscitare ire omicide. Lo narra la storia dei martiri che da Stefano non si è mai interrotta e continua ancora oggi in tanti luoghi del mondo.
La sfida di ogni tempo e quindi anche di questa fase storica riteniamo che consista nel formare coscienze in grado di comprendere sempre la sacralità della vita. Il lavoro paziente da compiere è di tipo educativo e chiede di far entrare nel cuore delle nuove generazioni il senso della giustizia e il rispetto della dignità della persona.
Imparare a rispettare le idee altrui, a combattere col diritto le parole irriverenti, a non cedere all’uso della violenza, sono percorsi mai conquistati del tutto. Non sono bastati i conflitti mondiali del ‘900 per spiegare che la violenza è sempre via miope e senza sbocco per l’avvenire.
Occhi sul sociale osserva, ma non può tacere, così come crediamo si debba fare ogni qual volta il rumore delle armi vuole prevalere.